MondosaluteLombardia n.26
[26] ott 2009
Editoriale
di - Presidente Aiop Lombardia
Torno sul tema del numero chiuso a Medicina, riprendendo il mio intervento sul Corriere della Sera di mercoledì 23 Settembre. La premessa sono i test di ingresso per nuove matricole che in questa settimane si svolgono in tutte le Università italiane.
Per la laurea di medicina, come di consueto, per ogni posto disponibile concorrono anche dieci ragazzi . Gli ammessi potranno accedere a una professione, malgrado tutto, ancora ambita e prestigiosa. Per gli esclusi, e per le loro famiglie, una inevitabile sequela di frustrazioni e la difficile scelta di un’altra via, scelta dolorosa per una ragazza o un ragazzo fortemente motivato.
Anche nel medioevo, e per molti secoli, è stato così. I mestieri e le professioni erano chiuse in se stesse, pochi venivano ammessi per lo più ereditando il mestiere da un parente, e questo serviva a mantenere i privilegi di ogni corporazione, a danno della comunità.
Oggi le ragioni addotte per limitare l’accesso agli studi sono, nel caso di medicina, l’eccesso di medici e la necessità di assicurare ad ogni laureato un posto di lavoro sicuro.
L’eccesso di medici è stato un problema degli scorsi decenni. Bisogna però capire se l’eccesso di medici presente in Italia si risolverà da solo nell’arco di 10/15 anni, e se come credo la grande massa di laureati in medicina ha oggi più di 50 anni. Comunque, a prescindere dal fatto che si fatica a trovare in Italia medici specialisti disoccupati, l’impressione che circola in tanti ospedali è che i medici oggi manchino.
Mancano specialisti anestesisti, radiologi, cardiologi, pediatri. Stanno per mancare i chirurghi, gli internisti di una volta sono quasi scomparsi e non è affatto infrequente che bandi di concorso vadano deserti.
D’altra parte la Germania ha aumentato, negli ultimi anni, il numero di posti nelle facoltà di medicina, e gli ospedali della Gran Bretagna vivono con i medici indiani.
Certo sarebbe drammatico respingere la vocazione di tanti giovani italiani per cominciare fra qualche anno ad importare medici dalla Polonia o dalla Romania.
Così come è assurdo limitare drasticamente l’accesso dei laureandi in medicina alle Scuole di specializzazione, che, invece dovrebbero essere libere di accettare tutti coloro che vogliono specializzarsi, nel solo limite delle strutture didattiche disponibili. Ma il numero chiuso, si obietta, è garanzia del posto di lavoro dopo la laurea, e per garantire i nostri studenti di oggi possiamo ben rischiare di importare domani una quota di medici da altri paesi.
Ma proprio questa scelta è ingiusta e dannosa.
Ingiusta perché condanna moltissimi bravi diplomati italiani a rimanere esclusi da una laurea che desiderano, e che potrebbe offrire loro almeno l’opportunità di esercitare, non solo in Italia, la professione medica.
E questo perché, nel meccanismo brutale del test di ingresso, sono stati una minima frazione di punto sotto l’ultimo ammesso, e non per carenza di capacità e di motivazione.
Dannosa perché accredita, ancora una volta, l’idea tutta italiana che “chi è dentro”, comunque ci sia arrivato, “ha diritto”, e chi è fuori s’arrangi.
Insegnando così che il coraggio di rischiare mettendosi in gioco è una stupidaggine, mentre ciò che veramente vale è essere garantiti.