All'Humanitas Gavazzeni il cuore si opera con un robot
“Si procede con questo tipo di intervento solo quando le condizioni anatomiche del torace lo consentono”, spiega Alfonso Agnino, cardiochirurgo specializzato da oltre 10 anni nell’utilizzo di tecniche mininvasive video-assistite.
L'intervento alla valvola mitrale è più semplice grazie all'impiego di un robot. L'equipe di cardiochirurgia dell'Humanitas Gavazzeni di Bergamo è in grado di eseguire questo intervento riducendo al minimo il trauma dei tessuti, il sanguinamento, il tempo di recupero dei pazienti. Da Vinci, questo è il nome dell'apparecchio all'avanguardia nella chirurgia robotica, rende quasi invisibili le cicatrici sul torace. L'intervento si risolve con le dimissioni del paziente dopo 4 giorni. Non prevede riabilitazione, ma una visita dopo 15 giorni oltre ai controlli ambulatoriali periodici legati al follow up della patologia valvolare.
L'apparecchio, guidato dal chirurgo, è dotato di due braccia in grado di riprodurre il movimento umano all'interno del corpo: i polsi ruotano a 360 gradi, le mani hanno una presa salda e fermissima, gli occhi riescono a vedere dettagli che sfuggirebbero a chiunque. “La macchina - spiega Alfonso Agnino, cardiochirurgo specializzato da oltre 10 anni nell’uso di tecniche mininvasive video-assistite -, potenzia le capacità dell’équipe per realizzare quello che fino a ieri sembrava impossibile, come riparare una valvola di pochi millimetri eseguendo incisioni non più grandi di quelle con cui i dermatologi rimuovono i nei”. Da maggio sono stati effettuati 10 interventi di cardiochirurgia robotica con il da Vinci. A regime, se ne effettueranno circa 25 ogni anno. “Si procede con questo tipo di intervento - precisa Agnino - solo quando le condizioni anatomiche del torace lo consentono”.
“Il robot da Vinci – commenta il dottor Alberto Cremonesi, responsabile della Cardiologia e coordinatore del Dipartimento Cardiovascolare - chiude il cerchio delle possibilità terapeutiche con cui il Dipartimento risponde alle necessità del singolo paziente. Oggi, - prosegue Cremonesi - abbiamo dei sistemi di imaging molto avanzati che ci permettono di capire esattamente l'anatomia della patologia che andiamo a trattare. Capiamo se il paziente dovrà essere indirizzato verso il trattamento medico; un trattamento di chirurgia tradizionale o un intervento di chirurgia robotica”.
“Lo sviluppo delle tecniche chirurgiche mininvasive - spiega il dottor Paolo Panisi, responsabile della Cardiochirurgia - ha consentito di migliorare la qualità di vita dei pazienti grazie al minor impatto di queste tecniche a livello fisico e psicologico”. Applicare queste nuove tecniche in cardiochirurgia, gli fa eco il direttore sanitario Massimo Castoldi, “significa maggior rispetto del paziente, diminuzione delle complicanze e miglior cura”.
di Nicola Vaglia