Smaltire le liste d'attesa dei pazienti che hanno bisogno di cure
Nicchio chiede alla Regione Lombardia un cambio di passo: “Entro fine anno termina la sperimentazione della Riforma Maroni. Serve più attenzione alla medicina del territorio e investimenti per la riorganizzazione delle reti tempo-dipendenti. Al Governo e al Ministro della Salute chiede di mantenere gli impegni: “Speranza si è impegnato ad aumentare il fondo del servizio sanitario nazionale almeno al 7 per cento del PIL.
Come ripartire dopo le frenate del Covid 19. In Lombardia la pandemia ha colpito più forte che altrove, come è ormai noto. Gli ospedali pubblici e privati del sistema sanitario nazionale si sono trovati a fronteggiare situazioni complesse, talvolta disperate, senza arrendersi di fronte alle difficoltà. La rete ospedaliera si è adattata all'emergenza, moltiplicando i posti letto nelle terapie intensive e nelle infettivologie per quanti hanno avuto bisogno di un ricovero. L'emergenza ha anche sviluppato un dibattito serrato su come ripartire. Al di fuori delle tante, troppe, polemiche politiche, era necessario comprendere e superare questo periodo così drammatico. Ne abbiamo parlato con Michele Nicchio, direttore operativo del Gruppo Mantova Salus e presidente nazionale di Aiop Giovani, che si è trovato in prima linea nell'emergenza.
Partiamo dall'emergenza Covid per capire cosa ha funzionato e cosa no...
La prima cosa che le vorrei dire è che siamo alla fine dell'emergenza e ci stiamo preparando all'ipotesi di un ritorno del virus in autunno, che, ovviamente, speriamo non ci sia. Quindi, più che capire cosa ha funzionato e cosa no, dobbiamo capire da dove ripartire.
Ci spieghi questa differenza.
Durante l'emergenza Covid tutto ciò che era possibile fare è stato fatto. Credo al massimo delle nostre possibilità, moltiplicando posti letto per i pazienti in terapia intensiva, per i sub acuti, per tutti coloro che hanno avuto bisogno di ricovero a causa della pandemia. Ora gli ospedali stanno ripartendo con la gestione ordinaria e il primo problema è quello di smaltire le liste d'attesa dei pazienti che hanno bisogno di cure ma che a causa del Covid hanno visto posticipare le loro visite e i loro ricoveri.
Quindi da dove bisogna ripartire?
Dalla constatazione che durante l'emergenza sono indubbiamente emerse alcune criticità di sistema, prima fra tutte la gestione del territorio.
E nel mirino è finita la Regione.
Entro fine anno termina la sperimentazione della Riforma Maroni. In questo momento, la Regione ha avviato alcuni tavoli e tra i punti in esame uno fondamentale è quello relativo alla gestione della medicina primaria, cioè dei medici di medicina generale.
Cosa sarebbe necessario fare?
È corretto che siano i medici di famiglia ad occuparsi della presa in carico dei pazienti cronici. Il medico di famiglia conosce meglio di chiunque altro i problemi dei propri assistiti. Ma per fare ciò, si deve favorire l'integrazione dei medici di medicina generale nel sistema sanitario. È importante che tornino a far riferimento alle Ats e si interfaccino agevolmente con gli erogatori pubblici e privati.
Si è aperta una polemica politica molto forte sulla gestione delle risorse tra pubblico e privato.
In Italia c'è un unico sistema sanitario universale, quello pubblico, perché è pagato dalla fiscalità generale con i soldi dei contribuenti. Questa è la prima cosa da chiarire.
Chiarito questo?
Dobbiamo dire ancora che all'interno di questo sistema sanitario universale ci sono operatori pubblici, di proprietà dello Stato, e operatori privati accreditati, gestiti da società private. Le regole del gioco sono le medesime. Stessi requisiti per l'accreditamento, stessi standard da garantire, stesse regole e uguali controlli. I privati percepiscono per ogni prestazione la stessa tariffa pagata a una struttura pubblica. La concorrenza tra queste due realtà in Lombardia ha consentito di far crescere la qualità delle cure, mantenendo un controllo sui costi.
Quindi va tutto bene…
No no, non mi fraintenda. Una sana concorrenza ha creato inevitabilmente qualità ed efficienza. Ma i tagli alla spesa pubblica in questi anni sono stati paurosi.
Non è vero che si è favorita la sanità dei privati a discapito di quella pubblica?
Non è vero. È vero, al contrario, che dal 2010 in poi è stato tagliato il fondo del servizio sanitario nazionale di almeno 3, 4 miliardi l'anno. Un taglio di un punto percentuale (dal 7,5% al 6,5), che ha riguardato tutti, sia le strutture pubbliche, sia quelle private.
Il nostro Paese spende meno in sanità pubblica degli altri stati europei.
La sanità italiana è sotto finanziata rispetto alla media. Non dico che dovremmo raggiungere la Germania, ma neppure spendere quanto la Grecia.
Da questo punto di vista, il Ministro Speranza ha fatto delle aperture.
Il dialogo con il Governo e con il Ministro della Salute è più che costruttivo. Speranza, in più di un'occasione, ha riconosciuto l'apporto che la componente privata del sistema sanitario nazionale ha dato durante l'emergenza Covid 19. Ma soprattutto si è impegnato ad aumentare i fondi.
Di quanto si parla?
Il Ministro starebbe lavorando per arrivare almeno al 7 per cento del PIL
Tornando alla Lombardia, cosa c'è ancora da rivedere?
La riorganizzazione delle reti tempo-dipendenti. Significa assicurare al paziente la presa in carico e la migliore gestione secondo la gravità e le caratteristiche della malattia. Nei tempi giusti e nel luogo di cura più appropriato. Ma per fare questo bisogna investire nella digitalizzazione. Altrimenti non andiamo da nessuna parte. Quello che la Regione dovrebbe favorire è il dialogo tra le diverse strutture, la gestione integrata del paziente.
Quindi qual è la morale del discorso?
Come successo durante il Covid, solo con la collaborazione tra tutte le componenti del sistema si possono affrontare le sfide più grandi e gravose, senza polemiche demagogiche e sterili ma mettendo al centro il bene dei pazienti.
di Nicola Vaglia