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“Ho imparato a gestire imprevisti ed emergenze”
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“Ho imparato a gestire imprevisti ed emergenze”

A 29 anni ha lasciato l'incarico di tutor del corso di laurea infermieristica dell'Università Vita-Salute San Raffaele per coordinare il team di infermieri del Policlinico San Marco, appositamente creato per assistere i pazienti Covid nei mesi della pandemia.

Stefania Finardi, 29 anni, è tutor del corso di laurea infermieristica dell'Università Vita-Salute San Raffaele con sede agli Istituti Ospedalieri Bergamaschi (IOB) a Ponte San Pietro e Zingonia, Bergamo. Sguardo dolce ma determinato, questa ragazza dalla carriera promettente ha già affrontato una delle sfide professionali più dure e, probabilmente, più importanti della sua vita: quella di coordinare in piena emergenza il team di infermieri del Policlinico San Marco appositamente creato per assistere i pazienti Covid. La struttura ospedaliera del Gruppo San Donato in terra orobica, insieme all’ospedale “gemello” il Policlinico San Pietro di Ponte San Pietro, nel pieno della pandemia ha contribuito a far fronte comune all'emergenza sanitaria in Lombardia, come le altre strutture pubbliche e private convenzionate con il servizio sanitario nazionale.

Il Policlinico San Marco è una struttura ospedaliera specializzata in chirurgia mini-invasiva, oncologia, ortopedia, dotata di Pronto soccorso e Terapia Intensiva. Fin dall’inizio della pandemia tutto l’ospedale (così come il Policlinico San Pietro) è stato riconvertito per accogliere e assistere i pazienti Covid sia nei reparti di degenza sia in Terapia Intensiva i cui 6 posti sono stati raddoppiati. Dopo la fase acuta, i pazienti hanno cominciato un percorso di riabilitazione: ginnastica respiratoria ed esercizi prima del ritorno a casa.

Anzitutto, come sei arrivata al Policlinico San Marco?
Ho cominciato qui la mia carriera professionale nel reparto di neurologia e riabilitazione. A gennaio ho accettato l'incarico nel corso di laurea in infermieristica dell’Università Vita-Salute San Raffaele, che ha sede agli Istituti Ospedalieri Bergamaschi, ovvero Policlinico San Pietro e Policlinico San Marco.

Poi...
I primi di marzo è arrivata la telefonata del direttore del personale che mi chiedeva di rientrare in servizio presso il Policlinico. Ho accettato. I primi due giorni ho affiancato la responsabile del servizio prevenzione. Poi, mi hanno chiesto di coordinare il reparto dedicato ai pazienti Covid, che abbiamo dovuto aprire in poche ore. Sono arrivate infermiere da tutti i reparti, dalla sala operatoria all'ortopedia.

Come è andata?
Ho dovuto coordinare colleghe conosciute dietro a una mascherina, con esperienze diverse. In poco tempo siamo diventati una squadra. Anche perché, la situazione si è aggravata rapidamente.

Cosa è successo?
Siamo passati da pochi pazienti a circa 80. In due giorni abbiamo raddoppiato i posti in terapia intensiva. I ritmi dell'ospedale sono stati stravolti. Nel picco dell'epidemia abbiamo avuto fino a 150 ricoveri, tra questi molti pazienti in sub intensiva e rianimazione, coinvolgendo a quel punto l'intero ospedale.

È stato difficile?
Soprattutto all'inizio, perché dovevamo prestare assistenza a malati affetti da una patologia ancora abbastanza sconosciuta, senza conoscerne i reali bisogni.

Il ricordo più bello?
Quello di una paziente arrivata in una situazione semi-critica, che però si è immediatamente aggravata ed è stata sottoposta a ventilazione. Ricordo tutte le volte in cui sono andata da lei per prestarle le cure, ma anche per stringerle la mano. Prima di essere dimessa mi ha voluto incontrare per dirmi che non avrebbe mai scordato il mio sguardo e il suono della mia voce. Mi sono commossa.

Quello più brutto?
Il ritorno a casa dopo il lavoro senza poter riabbracciare i miei cari per il timore di contagiarli. I turni in reparto sembravano non finire mai, anche se due mesi sono passati in un soffio.

Qual era il pensiero più frequente?
Di tornare a fare quello che facevo prima dell'emergenza.

Pensi che questa esperienza ti sarà utile anche in università?

Durante l'emergenza ho imparato tantissime cose. La prima delle quali è che la preparazione infermieristica ti offre una formazione generale nelle diverse specialità ma è l'esperienza sul campo che ti forma alla gestione ogni singolo caso clinico. E soprattutto ho realizzato in modo ancora più forte quanto il paziente abbia bisogno non solo di assistenza ma anche di sostegno e di un contatto umano.

Cosa dovranno imparare le nuove generazioni di infermieri?
A gestire imprevisti, emergenze, il rapporto umano con i pazienti, prima ancora di tutte le nozioni necessarie a svolgere bene e con competenza la professione.

 

di Nicola Vaglia

 

 


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