La chirurgia robotica in Lombardia
L’opinione pubblica conosce la chirurgia robotica? Qual è l’atteggiamento e la predisposizione rispetto all’innovazione in sala operatoria, ma soprattutto si conoscono i vantaggi dei nuovi approcci operatori rispetto alle tecniche tradizionali? Sono domande a cui l'Istituto Ipsos ha trovato le risposte attraverso un sondaggio tra i cittadini lombardi.
I dati sono stati presentati e commentati giovedì 16 maggio in occasione di una conferenza stampa ospitata presso Palazzo Lombardia; l’evento, moderato dal giornalista Nicola Porro, si è rivelato l’occasione per celebrare un importante anniversario, ovvero i 20 anni di robotica in Lombardia, con alcuni dei suoi protagonisti di più lunga data.
Emerge che il campione lombardo, rispetto alla popolazione italiana, nutre una maggiore curiosità e minor preoccupazione per l’introduzione dell’Intelligenza Artificiale nei più svariati settori della quotidianità. Come chiarisce Eva Sacchi, Senior Researcher IPSOS “Si rileva inoltre che i temi della chirurgia robotica stanno progressivamente entrando nel bagaglio informativo dei cittadini lombardi: l’86% degli intervistati ne ha sentito parlare. Quello che però sorprende ancora più è la fiducia diffusa – attestata al 74% - circa l’approccio robotico ed I vantaggi ad esso correlati (61%).
Ma chi è il paziente più entusiasta della chirurgia da Vinci? “il suo profilo corrisponde ad un uomo, tra I 55 e I 75 anni, con una buon livello culturale e disponibilità economica” commenta la Dott.ssa Sacchi.
Esistono però delle criticità. L’apertura alla tecnologia robotica infatti porta alla ribalta la scottante questione della formazione. Il 76% degli intervistati sottolinea l’importanza che i chirurghi si formino in maniera adeguata e completa anche nella gestione della chirurgia con il robot, competenza che va al di là della professionalità già acquisita.
A fronte di questo però paiono chiari ed evidenti i benefici che la robotica in sala operatoria può assicurare: “La mininvasività, la possibilità di affrontare interventi complessi e una preparazione scrupolosa del personale medico sono punti cardine” – precisa la ricercatrice IPSOS – Tutto ciò trova ulteriore conferma nella inclinazione estremamente positiva (attestata al 30%), da parte di chi non ha mai avuto esperienza diretta di chirurgia robotica, a sottoporsi eventualmente ad una procedura eseguita con il sistema da Vinci.
Nonostante il robot da Vinci sia uno strumento multidisciplinare, senza dubbio è l’urologia ad essersi imposta negli anni quale gold standard per l’utilizzo della piattaforma robotica, come confermano le esperienze ormai decennali di due chirurghi milanesi, pionieri nell’utilizzo di questa tecnica, il Dott. Franco Gaboardi, Direttore Divisione di Urologia Ospedale San Raffaele - Villa Turro e il Prof. Giorgio Guazzoni, Responsabile dell’Unità Operativa Urologia e Andrologia Ospedale Humanitas Rozzano
Ma ripensando agli albori della chirurgia robotica, è inevitabile tornare là dove il da Vinci giunse per la prima volta, ovvero nelle sale operatorie dell’Ospedale San Matteo di Pavia e del San Raffaele di Milano: con due dei volti noti di queste strutture, il Prof. Andrea Pietrabissa, Direttore Struttura Complessa di Chirurgia Generale Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo ed il Prof. Francesco Montorsi, Direttore dell'Unità Operativa di Urologia Ospedale San Raffaele con cui si sono ripercorsi questi ultimi 20 anni a fianco del robot.
La conferenza stampa ha avuto tra i suoi ospiti anche due chirurghi robotici che operano in strutture pubbliche: testimoni di un impegno robotico ormai decennale sono il Prof. Luciano De Carlis, Direttore del dipartimento chirurgico oltre che direttore di struttura complessa di Chirurgia Generale e dei Trapianti Ospedale Niguarda Cà Granda ASST Grande Ospedale Metropolitano ed il Dott. Antonio Pellegrino, Direttore U.O Ostetricia e Ginecologia del Manzoni di Lecco, uno tra i pochi centri lombardi che vantano un programma di chirurgia ginecologica robotica.
Dall’urologia, alla chirurgia generale, passando per la ginecologia fino alla chirurgia dei trapianti: la multidisciplinarietà si conferma una delle peculiarità della piattaforma da Vinci, caratteristica che è stata ampiamente sfruttata dallo IEO – Istituto Europeo di Oncologia, il centro che in Italia vanta il più alto numero di pazienti trattati in chirurgia robotica, dove sono ben 3 i sistemi installati e impiegati nelle più svariate branche specialistiche (ovvero per procedure urologiche, ginecologiche, otorinolaringoiatriche, senologiche, di chirurgia toracica, di chirurgia generale,).
Attualmente le piattaforme da Vinci distribuite nel mondo sono circa 5000. Nel nostro Paese invece le installazioni si attestano sui 111 sistemi, di cui la sola Lombardia ne conta 22.
Come nello scenario mondiale le procedure mostrano un costante aumento, con un incremento di interventi del 18% rispetto al 2017, altrettanto importante il trend di crescita per l’Italia che, nel 2018, ha visto eseguiti 20.450 interventi di chirurgia robotica da Vinci.
“Non è certo oggi che la Lombardia si conferma un modello sanitario d’eccellenza – spiega Aldo Cerruti, fondatore di ab medica – La Regione da sempre ha dimostrato un’attenzione particolare per assicurare ai cittadini strutture moderne e all’avanguardia. Per tale ragione ha scommesso, prima di tutti, sulla chirurgia robotica quando ancora nel 1999 il sistema da Vinci era una novità assoluta. Cos’è cambiato da allora? Posso parlare per ab medica: l’entusiasmo e la passione di diffondere le soluzioni più avanzate sono rimasti immutati; dopo 35 anni di attività in questo settore, ora però ci sentiamo dei validi e maturi interlocutori con cui le istituzioni possono dialogare per programmare in maniera efficace ed efficiente le tecnologie, non solo a livello regionale ma anche nazionale. Cosa auspico per il futuro? Che la Regione continui a credere nell’innovazione tecnologica a garanzia di cure sempre migliori, nel segno dell’avanguardia”.