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Servono almeno 10 mila borse per specializzandi
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Servono almeno 10 mila borse per specializzandi

L’Associazione Liberi Specializzandi (Als) ha appena pubblicato la classifica dei laureati in medicina che hanno ottenuto i migliori punteggi al concorso per entrare nelle scuole di specialità, svoltosi lo scorso 2 luglio. Anche quest’anno la classifica vede primeggiare tre università private: l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, il Campus Biomedico di Roma e l’Università Cattolica di Roma. Fanno la parte del leone le università milanesi, dato che al quinto posto si trova un altro ateneo meneghino, la Bicocca, e all’ottavo la Statale. L’Als ha analizzato i risultati di 14.638 candidati su 17.595 pari al 83,19% dei laureati che hanno preso parte al concorso. Anche quest’anno si delinea il gap tra i laureati del nord e quelli del sud, con felici eccezioni come quella dell’Università di Salerno che si posiziona al sesto posto e della Federico II di Napoli, al settimo posto.

“Nei prossimi anni assisteremo a un calo dei medici attivi, una carenza con un impatto gravissimo sulla collettività. Un problema per il quale non basterà aumentare il numero degli accessi programmati alle facoltà di medicina e chirurgia se continuerà a crearsi il famoso “imbuto formativo” delle scuole di specialità”. A parlare è Enrico Gherlone, Rettore dell'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano (UniSR), che affronta senza troppi giri di parole il problema della carenza degli specializzandi, fornendo qualche numero.

“Lo Stato mette a disposizione 8.766 posti, il 27 per cento in più dell’anno scorso. I posti disponibili nelle scuole di specializzazione medica vengono finanziati dallo Stato (8.000), dalle regioni (612) e dai privati (164). Quest'anno, grazie all'accordo tra Ministero dell'Istruzione (Miur) e Aiop (Associazione italiana Ospedalità Privata) il numero delle borse finanziate dai privati aumenteranno del 75 per cento e per questi specializzandi c'è il vincolo di permanenza per almeno 3 anni nelle strutture finanziatrici. Il problema della carenza dei medici è molto sentito e si stanno facendo passi in avanti – spiega Gherlone -, tuttavia non si può risolvere senza che ci sia, oltre all’aumento dei posti nelle facoltà di medicina, un contestuale aumento delle borse di specialità”.

Perché Rettore?

"Perché nonostante i correttivi recenti la graduatoria nazionale ha ancora limiti e problemi. Penso alle borse perse, alla migrazione prevalentemente unidirezionale degli studenti dal sud verso nord o all'alto tasso di ripetizione dell'esame l'anno successivo".

Partiamo dalla dispersione…

"Tra gli specializzandi ogni anno in 500 abbandonano il percorso di studi. Si tratta del 7 per cento del totale. Se consideriamo le specialità meno ambite, la percentuale si aggira tra il 20 e il 25 per cento. Al momento, queste borse non vengono riassegnate, cosa che invece si dovrebbe fare. Aggiungo che le prime scuole ad esaurire i posti sono state dermatologia, chirurgia plastica, endocrinologia, cardiologia, gastroenterologia, neurologia, oculistica e pediatria, ma su tutto il territorio abbiamo un bisogno importante di anestesisti, chirurghi, e medici d'urgenza per il pronto soccorso".

Perché gli studenti migrano al Nord, ma non viceversa?

"Perché ritengono di prepararsi meglio al lavoro in una struttura del Nord, ma purtroppo la distribuzione dei posti ministeriali per le borse di specialità non è sempre congruente con le reti formative e l'eccellenza delle strutture che ospitano le scuole. Le basti pensare che le strutture private, che contano il 30 per cento dei posti letto accreditati dal servizio sanitario nazionale, proporzionalmente ospitano molti meno specializzandi rispetto agli ospedali pubblici. Con il paradosso che in un grande ateneo come l’Università Vita-Salute San Raffaele, con ospedale universitario, e che comprende tutta la rete formativa del Gruppo San Donato con diciannove ospedali, si potrebbero formare molti più medici nelle specialità carenti rispetto alle borse assegnate".

Come si raggiunge un equilibrio?

"Idealmente le borse di specialità assegnate dovrebbero salire almeno a 10mila e i posti disponibili per i corsi di laurea ad accesso programmato dovrebbero avvicinarsi e talvolta superare i fabbisogni stabiliti delle regioni. Dovremmo evitare che l’investimento per l’ottima formazione medica che i giovani ricevono nel nostro paese vada perduto perché sono costretti a specializzarsi e lavorare all’estero e che in Italia si reclutino medici specializzati all'estero molte volte meno preparati di quelli formati da noi. Questo sapendo che comunque, anche con un aumento delle borse si poterebbero esaurire le richieste di chi si è laureato, ma non risolvere la carenza di medici che è già un’emergenza. Credo che impegnandosi seriamente in questo contesto, come appare si stia cercando di fare, ci vorrà comunque un numero consistente di anni per risolvere definitivamente il problema".

 

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